9 ottobre 2009

I futuri ritorni di memoria


Anche Claudio Martelli ha recuperato la memoria. Paolo Borsellino sapeva della trattativa tra Stato e Mafia, e probabilmente ne rimase sconvolto, cercò conferme, valutò come reagire. Tutto questo, si badi bene, da solo. In quei giorni folli, eppure così ordinari nella nostra Repubblica, criminalità e Stato si cercavano, si inseguivano, volevano operare scambi. E Borsellino, dopo la morte di Falcone, era più solo che mai. In quell'estate del 1992 ha probabilmente vissuto l'isolamento più profondo, l'abbandono più netto, quello toccato ad Aldo Moro, a Carlo Alberto Dalla Chiesa, a Beppe Alfano, a tanti altri.
Sembra un'ottima notizia la rivelazione di Martelli, così come le dichiarazioni di Massimo Ciancimino, del pentito Spatuzza, di Luciano Violante. Persino le ricostruzioni di De Donno e Mori e precisazioni di Ayala sono un contributo di chiarezza ma la realtà è un'altra. La realtà è che quell'isolamento non è cessato. Non lo subisce più un uomo solo, bensì la scarna moltitudine di chi vuole la verità piena su quella stagione, su quelle stragi, su quelle famiglie distrutte. Il meccanismo delle rivelazioni e delle inchieste si è mosso su input precisi, facenti parte di un diagramma di flusso scritto e approvato. Non è cambiato molto rispetto allo schema prestabilito che ha portato i primi processi su Via D'Amelio al giudizio di Cassazione. E' stato preparato un nuovo schema. Contiene più verità, ma sempre schema è. Come qualsiasi altro evento rilevante in Italia è stato accuratamente studiato e predisposto, ed è finalizzato alla salvaguardia della dinamica principale. Non italiana, ma globale. E' stato deciso chi è sacrificabile, e chi continuerà ad essere protetto. Perché quella stagione racchiude pericolosi varchi d'accesso alla verità della Storia, ed è una stagione che si sta chiudendo per far spazio ad un altra.

Dell'Utri, Berlusconi, Mori, Mancino, sono già storia. Sono già stati sostituiti. E' tutto vero, ed avviene perché l'indignazione di Paolo Borsellino non ci appartiene, la sua rabbia e voglia di reagire non è un sentimento di massa.
Assistiamo passivi a tutto. Ci arrabbiamo a comando, poi torniamo a difendere il giardino di casa nostra.

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