25 settembre 2009

Dal mondo al globo.

"Il Messaggero" prosegue la pubblicazioni di editoriali in prima pagina orientati sulla situazione finanziaria ed economica. A quanto pare sta diventando una sorta di bollettino ufficiale, e la cosa mi fa piacere, perchè offre un po' di chiarezza e soprattutto di vera informazione.
Di seguito riporto l'articolo uscito il 25 settembre, a firma di Pierpaolo Benigno, classe 1971, professore alla LUISS di Roma ed ex assistente alla NYU.
Anche dalle parole di Benigno, riferite in particolare all'imminente G-20, appare chiaro che la strada maestra è quella della cooperazione, del coordinamento, della "sola voce". E' altrettando evidente che USA e Cina sono i protagonisti assoluti attualmente, così come emergeva dagli interventi di Prodi, Kissinger, ecc.
Altrettanto interessante il titolo. L'Ordine è passato da "mondiale" a "globale". C'è un cambiamento in atto? E' iniziata una nuova fase?

E' L'ORA DI UN NUOVO ORDINE GLOBALE

IL G-20 dello scorso Aprile ha marcato un momento importante per le economie mondiali segnando il passaggio da una decrescita tipica di una caduta libera ad un atterraggio morbido. Il G-20 di Pittsburgh di questi giorni si è aperto con gli auspici di un’economia mondiale che mostra i primi segnali di ripresa. Così come allora la parola chiave è coordinamento. Tre temi principali: la regolamentazione dei mercati finanziari, le strategie di uscita da politiche monetarie e fiscali espansive, gli squilibri nella bilancia commerciale di Cina e Stati Uniti.
Non c’è alcun dubbio che una carente regolamentazione finanziaria, specialmente negli Stati Uniti, sia stata la causa principale di questa crisi finanziaria: da un lato le leve finanziarie spropositate, alimentate da requisiti di capitale minimi o inesistenti; dall’altro gli incentivi mal direzionati dei “finanzieri” e i loro compensi. Nessun Paese ha interesse a muoversi verso un mondo più regolamentato se non in compagnia. Per due ovvi motivi: 1) con la globalizzazione il capitale finanziario e anche quello umano si muovono verso le migliori opportunità, e la deregolamentazione ne crea di migliori opportunità anche se effimere; 2) una maggiore regolamentazione dei mercati del credito potrebbe ridurre la crescita. Se è vero che non solo si socializzano le perdite e si privatizzano i profitti, che le banche e gli intermediari svolgono una funzione chiave, quasi “sociale”, che i soldi dei contribuenti hanno garantito i salvataggi bancari, allora non si può cedere sul fronte della regolamentazione. Si può discutere dei tempi ma non dei modi, le leve finanziarie devono per forza ridursi. I costi sociali della crisi in termini di disoccupazione sono sotto gli occhi di tutti. Per il futuro bisogna assicurare un sentiero di crescita che sia sostenibile limitando le accelerazioni improvvise e i tracolli.
Altrettanto critico è il tema dei tempi di uscita dagli stimoli monetari e fiscali. Anche qui il coordinamento internazionale è essenziale. Le Banche Centrali devono prepararsi a comunicare un piano graduale di rialzo dei tassi d’interesse e allo stesso tempo di riduzione della liquidità immessa nel sistema. La gradualità e la trasparenza nella comunicazione sono elementi essenziali per un ordinato ritorno alla normalità. Il rischio è che l’ossessione per qualche punto decimale in più di inflazione alimenti un’azione troppo preventiva e quindi schiacci la ripresa. Non vi sono sufficienti argomenti teorici ed empirici per dire che un tasso di inflazione del 2% sia meglio o peggio di un tasso del 2.5%. Chi rialzerà prima degli altri i tassi d’interesse rischierà di apprezzare il proprio tasso di cambio e rallentare export e crescita. Il coordinamento è necessario perché questo non avvenga. È meno chiaro cosa si debba fare dal lato delle politiche fiscali, cioè se le economie siano in grado di auto-sostenersi. Il settore automobilistico è un interessante esempio. Tolti gli incentivi fiscali, i bassi tassi d’interesse e considerate le condizioni nel mercato del credito, esiste un sistema di prezzi e una domanda che ne assicuri la sopravvivenza?
È questo il momento giusto per chiedersi se sia necessario un ulteriore stimolo coordinato di politica fiscale che accompagni la domanda di beni da parte del settore privato indebolita dalla disoccupazione crescente e le mutate condizioni dei mercati creditizi.
A lato del G20, Cina e Stati Uniti nel G2 dovranno valutare la fattibilità di una correzione nei disavanzi della bilancia commerciale. Dati recenti mostrano un consumatore americano che sembra aver imparato a risparmiare. Tuttavia il debito privato è stato sostituito con debito pubblico e i disavanzi di bilancio del governo americano contribuiscono a peggiorare gli squilibri esterni. Una correzione nelle ragioni di scambio e nel tasso di cambio dollaro/yuan sembra necessaria. Ma la Cina è disposta a svalutare le riserve di dollari accumulate in questi anni e allo stesso tempo perdere competitività? Per quanto tempo il dollaro riuscirà a mantenere una posizione dominante nel sistema monetario internazionale? Economia forte, moneta forte. Non sembrano esserci i presupposti. I conti si faranno fra qualche anno quando i mercati saranno inondati di dollari per finanziare i deficit pubblici americani e non sarà allora così ovvio quanto sia conveniente detenere valuta di un Paese che non potrà crescere molto, perché si consumerà di meno, le tasse saranno più alte, i mercati del credito più regolamentati.
Sembra quasi che il migliore scenario per il futuro sia non fare niente, ma è proprio nella forza della cooperazione internazionale il presupposto per un ordinato rientro alla normalità.

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