
Il romanzo è molto ben scritto, gli ingredienti di ironia e drammaticità si mescolano abbastanza bene, e soprattutto la narrazione dell’evento che fa da spartiacque tra il “prima” ed il “dopo” è possente, angosciante, coinvolgente. Io ho visto nettamente un richiamo alle tecniche di Stephen King, perlomeno il tentativo di tracciare i personaggi con la stessa brillantezza, con la stessa freschezza ironica. La cosa non è riuscita, a dir la verità, e spero di non essere condizionato in questo giudizio per la venerazione che ho nei confronti di King, re in tutti i sensi della valorizzazione dei personaggi minori, di contorno, con una capacità che Ammaniti non dimostra, almeno in questa occasione. Leggendo le storie dell’assistente sociale, o dei personaggi minori, si ha più la sensazione di un’esigenza di rendere corposa la vicenda, piuttosto che il gusto spensierato di dar sfogo alla fantasia. Non credo di sbagliarmi, perché in effetti la storia è povera, e a fine romanzo lascia poco. Non è un libro del quale ti ritrovi a pensare improvvisamente, mentre stai lavorando o mentre guardi distrattamente dal finestrino di un autobus. Si fa leggere, ti coinvolge mentre lo hai tra le mani, poi, quando lo posi sul comodino, è già volato via dai pensieri.
Vincitore del premio Strega 2007.
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