Ho finalmente letto i tre romanzi che Isaac Asimov scrisse tra il 1951 ed il 1953, noti al pubblico come Trilogia della Fondazione. Li ho letti separatamente, non nell'unico volume del quale vedete la copertina qui a lato. Si tratta di Fondazione (o Cronache della Galassia), Fondazione e Impero (o Il crollo della Galassia centrale) e Seconda Fondazione (o L'altra faccia della spirale).
Ho affrontato la lettura carico di attese, frutto di anni e anni di raccolta di giudizi entusiasti su qualcosa che comunque è considerato tra i massimi capolavori della narrativa di fantascienza. E' sempre un errore aspettarsi troppo da un libro, bisognerebbe mantenere un attegiamento neutro, svuotare la mente ed immergersi nelle pagine lasciandosi completamente trasportare dalla storia. Come accade in questi casi, infatti, dopo l'ultima pagina del terzo romanzo è rimasta una lieve sensazione di insoddisfazione, un pizzico di amaro in bocca, il sospetto di trovarsi al cospetto dell'ennesimo capolavoro annunciato, ma non certo realizzato. In realtà, è sufficiente lasciare risuonare nella mente l'eco degli scenari proposti da Asimov per rendersi conto che, anche a prima lettura, la Trilogia è qualcosa di grandioso, indiscutibile, poderoso. Mettendo da parte la forzatura di chi si attende di trovare necessariamente un grande libro, ci vuole poco a convenire che la Trilogia lo è davvero, e per una serie di motivi che se descritti in dettaglio potrebbero a loro volta riempire un intero volume.
Sintetizzando, Asimov si proietta nel futuro con la consueta capacità di parlare solo in parte con la fantasia, accanto ad una capacità previsionale che ha solidissime basi razionali. Come già accaduto con altri suoi affascinanti capolavori (La fine dell'Eternità su tutti), Asimov presenta una serie di prospettive su un futuro lontanissimo ma che in realtà è accettabilissimo anche da chi vive in un'epoca tristemente vuota come la nostra. L'Impero che domina la Galassia non è forse la proiezione del Governo Unico Mondiale inseguito con tutte le forze dai potenti della Terra? La Psicostoriografia del protagonista Hari Seldon non è forse la proiezione della scienza dominatrice su ogni evento umano, dall'individuo alla massa? L'idea che le formule matematiche possano gestire secoli e secoli di storia dell'uomanità è solo superficialmente inaccettabile, perché in realtà i comportamenti di massa sono già studiati, previsti, indirizzati nella nostra epoca. E allora parlando di Psicostoriografia negli anni cinquanta Asimov dimostra nuovamente di conoscere a menadito dove va a parare l'umanità. Il fatto che si attribuisca ad un futuro lontanissimo qualcosa che è in embrione già oggi non fa difetto alla visione fantascientifica di Asimov, perché il protagonista è l'uomo, con le sue ambizioni, i suoi difetti, il suo male, che tale sarà anche tra migliaia e migliaia di anni. Questo, a mio avviso, è il punto di partenza per assaporare realmente l'opera di Asimov. Occorre cancellare il pregiudizio che nel futuro l'uomo sarà completamente diverso, e soprattutto che la tecnologia renderà necessariamente tutto migliore, tant'è vero che si percepisce nettamente come Asimov abbia attinto dalla storia dell'Impero Romano per descrivere certe parabole discendenti, certe dinamiche del potere politico. La bravura di Asimov rende comunque plausibile tutto ciò che racconta, senza scivolare nell'assurdo, nell'impresentabile, nell'ingiustificabile. Con un po' di fantasia si può immaginare qualsiasi futuro, anche uno nel quale gli uomini hanno tutti superpoteri, ma il difficile sarà creargli intorno una narrazione credibile ed affascinante. Asimov parla di astronavi, mutanti, armi, con la maestria di un pittore che non traccia mai un segno a caso, che non sceglie mai un colore con leggerezza, affinché alla fine l'opera sia perfettamente armonica.
I personaggi del ciclio della Fondazione sono descritti nel dettaglio della loro psicologia e delle loro azioni, senza indugiare nel futile, rendendo vicino chi appartiene ad un futuro profondissimo. Gli aspetti politici sono trattati con grande cognizione, con razionalità ma senza cancellare sentimenti e passioni.
L'unico appunto che mi sento di fare riguarda la freddezza della spiritualità, peraltro abbastanza comune nell'opera di Asimov. Nella trilogia si parla molto di religione, ma manca la spiritualità, quel trascendente che rende l'uomo parte della Storia nel pieno del suo essere. Tuttavia, temo non sia affatto una svista di Asimov, bensì un altro aspetto del suo profetizzare. Di questo passo, quale futuro potrà mai avere la spiritualità?
Trilogia della Fondazione, senz'altro da leggere.
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