"I principi e le regole della democrazia sono estranei alla natura del popolo italiano, che non si interessa di politica e le cui esperienze in questo campo hanno sortito l'unico risultato di accrescere il suo innato scetticismo. La gran massa degli italiani è individualista e politicamente irresponsabile e si preoccupa soltanto dei suoi problemi economici più urgenti. Mussolini aveva ragione a dire che gli italiani sono sempre stati povera gente."
(Giudizio dell'ambasciatore britannico presso la Santa sede, sir D'Arcy Osborne, in un rapporto inviato al goveno di Londra nel 1943).
Lo storico Mario José Cereghino ed il giornalista Giovanni Fasanella, partendo dai documenti desecretati degli archivi nazionali britannici e degli Stati Uniti, hanno ricostruito il rapporto tra Italia e Gran Bretagna nel loro aspetto più segreto, lontano dalla diplomazia ufficiale e dai dibattiti parlamentari. Ne esce un quadro inquietante, dove la democrazia ed il rapporto di alleanza vengono messi ai piedi degli interessi economici e strettamenti egoistici della Gran Bretagna, ma anche dell'Italia. Si scopre ad esempio che il rigore geopolitico generato da Yalta ha dovuto fare i conti con la particolare situazione italiana, provocando sorprendenti avvicinamenti tra i due blocchi contrapposti, così come trova conferma lo strano rapporto tra Churchill ed il fascismo, nella persona del Duce.
Proprio dal delitto Matteotti parte l'analisi degli autori, che dimostrano di essersi accostati allo studio dei documenti senza preconcetti, ma con la capacità e la libertà mentale di mettere insieme i pezzi e trovare una logica nei comportamenti degli attori, sia appartenenti all'intelligence, sia alla politica di governo. In fondo non sorprende leggere con quanta energia i britannici volessero difendere un dominio economico sul piano internazionale, ed è inevitabile l'importanza data all'approvvigionamento energetico. Ciò che colpisce, e che emerge chiaramente dall'analisi dei documenti ufficiali, è l'azione a trecentosessanta gradi operata dal governo e dall'intelligence britannici, sfruttando tutto ciò che viene ritenuto funzionale al raggiungimento dell'obiettivo. Non è un problema di leggi, perché l'intelligence ha la necessità di operare al di là dei limiti, quanto di valori, che di fatto sono quasi assenti. In questo senso è significativo l'attrito tra Gran Bretagna e Stati Uniti in merito all'Italia, all'indomani della fine della guerra e della caduta del Fascismo. Gli americani riconoscono al popolo italiano il diritto di operare con una certa, pur limitata libertà per costruire il proprio destino, senza naturalmente mettere in pericolo l'allenza occidentale. La Gran Bretagna sostanzialmente non riconosce questo diritto, sia per un innato giudizio sprezzante nei confronti dell'Italia (e non solo), sia perché sempre e comunque l'interesse britannico deve essere al primo posto e non può essere minacciato.
All'Italia viene rimproverata una politica volta ad un'amicizia multilaterale, che consente di ottenere vantaggi da più parti, ma a Londra seguono lo stesso concetto, solo che lo attuano con la loro tipica arroganza. La vicenda Mattei è illuminante, sia perché rivela la preoccupazione che sfiora il panico, sia perché sottolinea quasi l'incredulità con la quale gli inglesi assistono alla brillante azione dell'Eni. La verità, azzarderei, è che gli inglesi non concepiscono affatto che gli italiani abbiano simili inizative, che operino con intelligenza, che siano vincenti. Una posizione dura ma anche sostanzialmente sciocca, che provoca reazioni gravi e scomposte, ma anche idiozie dai risultati modesti, come il reiterato tentativo di influenzare l'opinione pubblica italiana attraverso i giornali e la televisione. Sono molti i giornalisti, i politici, i personaggi dello spettacolo che sembrano operare a favore degli inglesi, i documenti parlano a proposito, ma i successi non sembrano significativi, probabilmente perché l'influenza degli Stati Uniti e del Vaticano è di gran lunga maggiore.
E' anche per questo che l'azione britannica subisce una probabile progressione nel momento in cui il quadro politico italiano vira pericolosamente verso un'alternanza democratica tra la DC di Moro ed il PCI di Berlinguer, non particolarmente amato neppure dai Sovietici. Qui la situazione cambia, e gli inglesi lavorano meglio, perché l'Italia toglie il sonno a molti, anche al di là dell'Atlantico, così come a Mosca. La convergenza di interessi ha dato modo agli inglesi non solo di operare, ma di farlo anche all'ombra degli Alleati. Sono loro che pensano seriamente ad un colpo di Stato, sono loro che valutano appoggi ad azioni sovversive, ma la Storia ha sempre parlato di un'azione dominante degli Stati Uniti per impedire l'ingresso dei comunisti al governo.
Leggendo il prezioso lavoro di Cereghino e Fasanella l'impressione che monta è proprio questa: la guerra segreta per il controllo del petrolio e dell'Italia gli inglesi l'hanno condotta sempre, e con risultati alterni, ma intorno al 1976 sono maturate le condizioni a livello internazionale per infliggere i colpi decisivi, e farlo senza metterci la faccia, ma scaricando su altri il lavoro sporco.
Sul caso Moro manca una vera analisi dei documenti, ma ho l'impressione che questo sarà tema di un prossimo lavoro di Fasanella, profondo conoscitore del tema.
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