La rubrica curata da Alessandro Forlani per GrParlamento ha proposto nei giorni scorsi un'intervista recente a Prospero Gallinari, uno dei brigatisti storici che ha partecipato all'azione di Via Fani ed ha, secondo la versione ufficiale, abitato nel covo di Via Montalcini durante la prigionia di Aldo Moro.
Potete trovare l'intervista qui, e vi consiglio di ascoltarla. Gallinari si dimostra disponibile, loquace, un po' fermo in un'epoca passata ma che evidentemente sente ancora molto, del resto non si è mai pentito, né dissociato, né ha mai testimoniato direttamente in uno dei numerosi processi che lo ha visto tra gli imputati. A volte giungono persino note d'orgoglio nella rivendicazione delle motivazioni politiche che hanno portato all'esperienza delle Brigate Rosse, che lui contestualizza nelle lotte sociali, e non partitiche, di quegli anni. Proprio il linguaggio usato da Gallinari è uno degli aspetti interessanti dell'intervista: contestualizzare, disarticolare, gli amici chiamati per nome e gli avversari, o forse traditori, come Morucci, chiamati per cognome. Gallinari sembra davvero immerso ancora in quelle atmosfere e lascia trasparire ammirazione per quegli anni di grande mobilitazione, di lotta di massa, viscerale.
Tra le molte cose dette, ce ne sono diverse che condivido. E' corretta, a mio avviso, l'analisi sulla difficoltà di spiegare alle nuove generazioni cosa sono state e cosa hanno rappresentato per l'Italia gli anni di piombo. Secondo Gallinari è quasi impossibile far capire cosa sia una lotta sociale di quelle dimensioni, ed ha ragione. Tant'è vero che ai giovani importa molto poco di quel periodo storico, ed anche agli adulti, tutto sommato. E' vero anche che il caso Moro è stato abbondantemente sfruttato per fini di lotta politica, così come è innegabile che ci sia una verità politica ed una giudiziaria. Secondo Gallinari, su quella politica c'è poco o nulla da aggiungere: gli autori del sequestro Moro sono le BR, che però non vanno ricordate solo per quello, come ha tenuto a precisare. Altra cosa è la verità giudiziaria, che evidentemente ha ancora delle responsabilità da scoprire.
E' quasi convincente, Gallinari. Ma la giornalista, l'esperta Milvia Spadi, è bravissima a condurre l'intervista ed alla fine viene fuori un po' di "ciccia". Sono due i momenti chiave: quando si parla dell'omicidio vero e proprio, e quando si parla di Via Caetani. Qui Gallinari perde un po' di loquacità, perde sicurezza, ha poco da dire, e scivola nel banale. Sarebbe comprensibile in riferimento al momento dell'omicidio, sicuramente durissimo, ma è ingiustificato per la scelta di lasciare il cadavere in Via Caetani. L'impressione, piuttosto netta, è che per questi episodi Gallinari non abbia più il ruolo di testimone diretto. Secondo me, semplicemente, lui non sa. Non ha cognizione diretta di quegli specifici episodi, che guarda caso sono tra i più controversi.
Forse, Moro non era più in mano alle BR. Forse, non furono loro a scegliere di far scoprire Moro in Via Caetani. E' per questo che la ricerca della verità non può cessare. E' per questo che non si può aspettare il giudizio degli storici.
Per questo, e mille altri motivi.
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