Le affermazioni di Gioacchino Genchi meritano sempre la massima considerazione, sia perché è un testimone diretto di indagini tra le più importanti degli ultimi anni, sia perché stanno tentando in tutti i modi di metterlo a tacere, e quindi ha giustamente il dente avvelenato ed usa l’arma più nobile: la verità.
Ieri, intervistato da Klaus Davi, ha parlato di molti argomenti, tra i quali le bombe di Roma del 1993. La notte tra il 27 ed il 28 luglio, quasi in contemporanea, ci furono due esplosioni nei pressi della chiesa di San Giorgio al Velabro e a San Giovanni in Laterano. Gli attentati sono attribuiti ai Corleonesi a capo di Cosa Nostra come reazione all’inasprimento della lotta alla mafia. La scelta degli obiettivi non è mai casuale, e Genchi afferma che la scelta cadde su quei luoghi come riferimento ai Presidenti dei due rami del Parlamento, Giovanni Spadolini e Giorgio Napolitano. Un chiaro messaggio alla politica, un invito potente a fermarsi.
Ciò che dice Genchi è con ogni probabilità esatto, anche perché i riferimenti non si fermano ai nomi delle chiese. La bomba a San Giovanni esplose davanti al palazzo del Vicariato, e Giovanni Spadolini, in qualità di Presidente del Senato, era vicario del Presidente della Repubblica. Il Velabro è invece un riferimento diretto al Velario della Camera dei Deputati, la bellissima vetrata che sovrasta l’aula allora presieduta da Giorgio Napolitano.
L’analisi si può estendere, perché poche ore prima, a Milano, un’autobomba esplose a Via Palestro, causando una strage. Anche in questo caso la scelta dell’obiettivo è significativa. Il Padiglione d’Arte Contemporanea è comunemente abbreviato in PAC. Ci troviamo a Milano, e nel 1993 la città lombarda è al centro della cronaca per l’inchiesta Mani Pulite, condotta dal famosissimo pool di magistrati nei quali spiccano Pierluigi Davigo, Antonio Di Pietro e Gherardo Colombo. Pierluigi, Antonio, Colombo. PAC.
Alla luce di tali considerazioni, l’analisi porta a ritenere che Cosa Nostra volesse scagliarsi contro i principali nemici del momento: il Legislatore, che con il 41-bis stava creando seri problemi all’organizzazione, ed i magistrati milanesi, che stavano approfondendo le indagini su appalti e criminalità. Questa ricostruzione però manca di credibilità, perché la scelta degli obiettivi è estremamente raffinata, ed appare sinceramente fuori dalla portata della cupola corleonese, che probabilmente ignorava completamente l’esistenza di San Giorgio al Velabro o del PAC a Milano.
E allora? C’entrano i soliti Servizi Segreti deviati? Non si può affermare con certezza, ma appare evidente che quelle bombe rientravano in una strategia che riguardava il complesso della situazione politica italiana, con particolare riferimento ai cambiamenti in corso.
Non solo Cosa Nostra, quindi, ma ben altro.
Ieri, intervistato da Klaus Davi, ha parlato di molti argomenti, tra i quali le bombe di Roma del 1993. La notte tra il 27 ed il 28 luglio, quasi in contemporanea, ci furono due esplosioni nei pressi della chiesa di San Giorgio al Velabro e a San Giovanni in Laterano. Gli attentati sono attribuiti ai Corleonesi a capo di Cosa Nostra come reazione all’inasprimento della lotta alla mafia. La scelta degli obiettivi non è mai casuale, e Genchi afferma che la scelta cadde su quei luoghi come riferimento ai Presidenti dei due rami del Parlamento, Giovanni Spadolini e Giorgio Napolitano. Un chiaro messaggio alla politica, un invito potente a fermarsi.
Ciò che dice Genchi è con ogni probabilità esatto, anche perché i riferimenti non si fermano ai nomi delle chiese. La bomba a San Giovanni esplose davanti al palazzo del Vicariato, e Giovanni Spadolini, in qualità di Presidente del Senato, era vicario del Presidente della Repubblica. Il Velabro è invece un riferimento diretto al Velario della Camera dei Deputati, la bellissima vetrata che sovrasta l’aula allora presieduta da Giorgio Napolitano.
L’analisi si può estendere, perché poche ore prima, a Milano, un’autobomba esplose a Via Palestro, causando una strage. Anche in questo caso la scelta dell’obiettivo è significativa. Il Padiglione d’Arte Contemporanea è comunemente abbreviato in PAC. Ci troviamo a Milano, e nel 1993 la città lombarda è al centro della cronaca per l’inchiesta Mani Pulite, condotta dal famosissimo pool di magistrati nei quali spiccano Pierluigi Davigo, Antonio Di Pietro e Gherardo Colombo. Pierluigi, Antonio, Colombo. PAC.
Alla luce di tali considerazioni, l’analisi porta a ritenere che Cosa Nostra volesse scagliarsi contro i principali nemici del momento: il Legislatore, che con il 41-bis stava creando seri problemi all’organizzazione, ed i magistrati milanesi, che stavano approfondendo le indagini su appalti e criminalità. Questa ricostruzione però manca di credibilità, perché la scelta degli obiettivi è estremamente raffinata, ed appare sinceramente fuori dalla portata della cupola corleonese, che probabilmente ignorava completamente l’esistenza di San Giorgio al Velabro o del PAC a Milano.
E allora? C’entrano i soliti Servizi Segreti deviati? Non si può affermare con certezza, ma appare evidente che quelle bombe rientravano in una strategia che riguardava il complesso della situazione politica italiana, con particolare riferimento ai cambiamenti in corso.
Non solo Cosa Nostra, quindi, ma ben altro.
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