4 aprile 2007

Era il lontano 1993...

Non so quanti di voi lo ricordano, ma il 18 aprile del 1993 gli italiani furono convocati alle urne per esprimere la propria opinione su diversi referendum, tra i quali spiccava quello che rendeva pienamente maggioritario il sistema elettorale del Senato della Repubblica. La battaglia di Mario Segni e degli altri fautori del referendum era cominciata un paio d'anni prima, quando con un altro referendum venne abolita la preferenza multipla sulla scheda elettorale per le politiche. Vi ricordate? Il famoso referendum per il quale Craxi propose di andare a fare una gita al mare, piuttosto che votare.
Sull'onda emotiva dello scandalo Tangentopoli, gli italiani votarono in massa a favore del maggioritario, contro la partitocrazia, per governi stabili e duraturi, per un rapporto più diretto tra politica e cittadini. Naturalmente un referendum non fa una legge, così la politica ci ha dovuto mettere mano, e quell'indicazione precisa in senso maggioritario si è persa tra commissioni bicamerali, pasticci all'italiana, compromessi e leggi votate in fretta e furia a ridosso delle votazioni.
In questi giorni, mentre gli italiani sono presi tra le partite di Champions League e le invasioni straniere nelle aziende italiane, maggioranza e opposizione si confrontano per la nuova legge elettorale, diventata già una priorità a meno di un anno dalle ultime votazioni. Buona parte dei soggetti che stanno valutando che inventarsi questa volta sono gli stessi che esultarono nel 1993 per la vittoria del Sì al referendum sul maggioritario. Di cosa stanno parlando ora? Su cosa si stanno accordando? E, tutto sommato, che fine ha fatto Mario Segni e la sua rivoluzione pacifica?
Qualche risposta la troviamo in questo articolo.

Nessun commento: