Pietro Paladini ha 43 anni, un ottimo lavoro, una figlia di dieci anni ed una moglie che lo ama. Il quadro idilliaco si frantumerà quando Pietro rimarrà vedovo, improvvisamente, dolorosamente. In attesa di affrontare l'onda d'urto del dolore, Pietro si rifugia passando le giornate davanti la scuola della figlia, e proprio quando sembra isolarsi dal lavoro e da tutti, si ritrova ad avere continui contatti umani. La storia, più o meno, è tutta qui. Il resto sono chiacchiere, riflessioni, ricordi, dialoghi sterili, introspezione, paranoia, riscatto, alti e bassi, ecc....
In buona sostanza, un esercizio di scrittura, come quando alle elementari la maestra ci sfidò a scrivere pagine e pagine parlando di un insetto. Non vorrei sembrare irriguardoso, ma il tema della mancanza improvvisa di una persona cara è stato ampliamente utilizzato nella letteratura, così come nel cinema, ed è un'occasione straordinaria per dire qualcosa di significativo. A mio avviso Veronesi la fallisce, per il semplice motivo che associa la tragedia a personaggi che ispirano tutto, fuorché sentimenti e simpatia. Lo stesso Pietro si trova nella squallida situazione di andare con un'altra per poi avere annaquati sensi di colpa. Sono tutti pieni di soldi, in questo romanzo, e questo li rende distanti non per il fatto in sé, ma perché l'autore sbaglia l'associazione tra i sentimenti e le persone. Chissà cosa voleva dire, Veronesi, in che modo affrontare quelle tematiche, di certo utilizza personaggi che sembrano destinati a tutt'altro, vale a dire superficialità, freddezza, banalità.
Vincitore del premio Strega.
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